Inquadramento delle scene nei PbtA (e non solo)

Avevo chiaccherato di questo problema con @danieledirubbo e @Hasimir in privato:

La maggior parte dei giochi di ruolo non fornisce uno strumento diretto di inquadramento delle scene. Per come si gioca D&D tradizionalmente, è più un flusso di coscienza continuo, dove in certi momenti il tempo accelera (“passano diversi giorni”) e in certi momenti rallenta, ma si segue comunque i personaggi passo per passo. Questo è quello che Vincent Baker aveva chiamato “naturalismo”, riprendo un post di G+ purtroppo perso con la chiusura di quel sito:

Apocalypse World is what I’d call ‘presumed naturalistic,’ yes. It takes pains to reestablish positioning at the beginning of each session, but presumes that within a session you’ll conduct your scene transitions casually.

Io, e so molti, giocavo PbtA quasi esclusivamente in questa maniera. Chiaramente, ho idea di come inquadrare le scene in giochi che forniscono specifiche procedure per farlo, ma in giochi che non richiedono tali procedure, di solito non lo faccio.

Ho sperimentato, negli anni recenti, dei modi diversi di fare le cose, ma li ho usati in maniera molto poco consistente perché trovavo molto difficile spiegarli a certi gruppi, che si trovavano meglio colla scena unica naturalista.

Dopo aver letto Urban Shadows, che include un capitolo sull’inquadramento delle scene, ho provato nella mia campagna di tale gioco a usare un’inquadramento più aggressivo. Ho sperimentato che facendo così si evitano molti dei tempi morti nella narrazione che tendono a infastidirmi. Il mio modo di gestire i tempi morti, solitamente, è di essere molto aggressivo con le mosse morbide, ma ho notato che in questo modo riesco a dare più spazio ai giocatori per decidere in che direzione andare, e sta cominciando a piacermi.

Sono riuscito a posteriori a estrarre la mia procedura per l’inquadramento, che all’inizio era molto più confusa, ma che si è solidificata.

  1. Il GM chiede ai giocatori, fuori scena, cosa vogliono fare. Si ha una breve discussione su quale possa essere l’inizio della prossima scena.

  2. Il GM inquadra l’inizio di una scena.

  3. Si gioca la scena finché il GM determina che si sia svolto lo svolgibile. Se i giocatori si mettono a chiaccherare tramite i loro personaggi su cosa fare dopo, siamo già di qualche minuto in ritardo alla chiusura naturale della scena.

  4. Il GM chiude la scena con un’esplicita parola (“Taglio!”) e un gesto secco della mano (una mano che colpisce l’altra perpendicolarmente). Dopo questo gesto, si smette di giocare “in scena”

  5. Si prosegue al punto 2 se c’è una scena ovvia, o al punto 1 se c’è da discutere.

Cosa ne pensate? Usate altre tecniche?

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Allora, che dire? Io apprezzo sia i giochi dove c’è una procedura chiara per inquadrare le scene sia i giochi in cui si va in maniera più fluida, per ragioni diverse. Ricordo molti discorsi con Moreno Roncucci nei quali (spero di riportare bene le sue parole), lui mi diceva che la scelta di giocare “in maniera fluida” le scene, che D. Vincent Baker ha deciso di implementare ne Il mondo dell’apocalisse, deriva in realtà dal fatto che Vincent percepisse una difficoltà da parte di alcuni giocatori nel capire il concetto di scena e nell’imparare a usarlo come regola. Insomma, avrebbe deciso di tranciare il problema alla radice, in questo modo. Mi pare di ricordare che Moreno la veda come una sconfitta, in buona sostanza, del game design (e del game designer). Non so se vederla in termini così drastici, ma sicuramente trovo che abbia qualche ragione.

Però, quando gioco io, in molti giochi, come gioco le scene? Be’, la risposta è che seguo le regole e le procedure che sono funzionali in quel gioco specifico, e che spesso non vanno bene per altri giochi. Però, una cosa che ho notato è che molti giochi usano le scene come regola, anche se non ti spiegano bene come si usano. In questo caso, mi sono accorto che c’è una regola delle scene “generale”, che può essere usata in quasi tutti i giochi di ruolo tradizionali e in molti giochi non tradizionali in cui non ti spiegano davvero come si inquadrano le scene. Avevo scritto questa procedura in un post su Gente che gioca, ma lo riporto qui sotto per comodità.


[Lady Blackbird] Come si impostano le scene?

Ieri ho risposto a questa domanda in una discussione su Facebook. Il manuale di Lady Blackbird non dice poi molto a riguardo, ma qui ho risposto utilizzando la mia esperienza col gioco come strumento per colmare i buchi e le lacune del manuale.

Di fatto Lady Blackbird gestisce le scene in questo modo.

Il GM apre e chiude le scene, ma gli altri giocatori possono suggerire e dare una mano. È tuttavia compito del GM gestire le scene.

Quando il GM imposta una scena, descrive l’ambiente, i personaggi presenti (deve esserci almeno un PG) e, nel caso di PNG presenti, deve dire anche cosa stanno facendo. Descrive cosa accade nei primi secondi della scena e poi chiede ai giocatori cosa fanno i loro personaggi, assicurandosi che ogni giocatore possa spiegare cosa fa il suo PG.

Quando il GM sente che la scena ha detto tutto quello che doveva dire e che sta perdendo di mordente, la taglia, semplicemente dichiarandolo (“Ok, ragazzi, taglio la scena!”). Gli altri giocatori possono segnalare che una scena andrebbe tagliata o richiederlo, ma è compito del GM farlo. Gli altri giocatori possono chiedere al GM di andare avanti con la scena attuale ancora per un po’, ma il GM può essere tassativo quanto crede a riguardo (“No, ragazzi, è davvero chiusa”).

Una cosa importante, che magari come ho spiegato sopra non si capisce bene: il GM ha la responsabilità delle scene, e quindi anche del ritmo della storia, ma non è Hitler.

Insomma, se uno o più dei suoi giocatori pensano che sia il caso di tagliare una scena o di prolungarla un po’ o di fare una scena piuttosto che un’altra, ha molto più senso parlare con loro e cercare di capire come mai dicono quello che dicono.

Poi magari deciderà comunque di fare una scelta diversa, ed è una scelta che devi fare il GM, però c’è un modo sano di dialogare al tavolo con i propri giocatori e uno non sano, che poi è quello di non dialogare con essi.

Finita una scena, il GM imposta un’altra scena, andando al prossimo momento di gioco significativo e aprendo la scena direttamente là. Il GM dovrebbe chiedere ai giocatori cosa fanno o dove vanno i loro personaggi, alla fine di una scena, e aprire la prossima scena di conseguenza, in modo che la narrazione non strida (se dico che vado dal borgomastro, sto andando dal borgomastro, non dal responsabile del porto).

Può anche decidere di mettere una scena prima di quella che, di fatto, i giocatori gli hanno appena richiesto dicendo cosa fanno o dove vanno i loro PG, ma anche in questo caso dovrà fare in modo che le scene si susseguano in maniera logica. Per esempio: “Mentre stai andando dal borgomastro, per strada ti si avvicina un vecchio cencioso…”.

Quando il GM imposta le scene, deve assicurarsi che i diversi PG abbiano tutti più o meno lo stesso tempo in scena: è il concetto cinematografico detto “spotlight”, che si vede anche nei film e nelle serie TV. In poche parole, i PG hanno tutti la stessa importanza e danno vita a una storia corale: il GM deve dedicare abbastanza tempo in scena a tutti, affinché possano permettere al loro PG di fare azioni e scelte significative.

Da ultimo, è importantissimo far notare che, tra una scena e l’altra, non c’è gioco di ruolo “in scena”: una scena si chiude e quella seguente si apre. Il tempo che trascorre in mezzo è giocato, sì, ma nel senso che i giocatori e il GM fanno le cose che ho detto sopra, non nel senso che i giocatori debbano continuare a interpretare i loro personaggi come se fossero in scena (e infatti non lo sono).

Nota che ci sono anche altri giochi in cui le scene si impostano così. I primi esempi che mi vengono in mente sono Trollbabe, Cani nella Vigna, ma anche Fate.

Ma non è detto che un gioco si giochi con la regola delle scene. Altri giochi hanno regole sulle scene diverse da quelle descritte sopra. Penso a giochi come Fiasco, Polaris o anche il mio The Hangman Saga.

Alcuni giochi hanno la regola delle scene nel manuale, ma non l’ho vista quasi mai applicata al tavolo. Penso a giochi come Vampiri: La Masquerade o Hunter: The Reckoning.

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Trovo che questa discussione vada proprio a braccetto con (Fase di downtime - come gestirla? - Giochi e giocare - La Locanda dei GDR).

Ho sentito parlare di “framing aggressivo” neanche una settimana fa per la prima volta. Mi rendo conto che la cosa più naturale da fare, se non si ha mai provato un gioco che scandisca in maniera evidente le scene (il mio primo è stato “My Red Goddes” due settimane fa) sia procedere con una narrazione naturale, senza interruzioni, al massimo con accelerazioni.

Questo schema mi piace molto, lo trovo funzionale, ovvero: pur non avendolo mai sperimentato intenzionalmente trovo che le scene meglio riuscite seguano questa logica. Precisando però che non sono un grande fan della narrazione a flusso di coscienza, perchè vedo che spesso i giocatori si perdono in scene di roleplay inutili e dispersive; per questo per me una scena ben riuscita è una scena dal ritmo serrato, non per forza di azione continua, ma che abbia un inizio chiaro (per quale ragione i PG si trovano li?) e uno svolgimento (il corpo vero e proprio del gioco) che porti a una conclusione che risponda a due domande:

  1. Cos’è cambiato rispetto all’inizio della scena?
  2. Come rispondono i PG ai nuovi stimoli creatisi?
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Cortex (e in particolare la nuova versione, ormai prossima al rilascio dopo una gestazione davvero problematica) fa un bel lavoro con le scene, i tipi di scene, e come finirle. Corex Prime dedica un paio di pagine con consigli / regole al GM su come e quando chiudere una scena.
Questo deriva principalmente che Cortex prevede un taglio molto cinematografico delle scene, e spesso con un singolo tiro si risolve la parte meccanica della singola scena.
Penso sia un buon regolamento per prendere mano con la gestione del tempo durante il GdR.

Edit: per approfondire, fa anche uso delle Bridge Scenes, scene di passaggio in stile montaggio rapido, fatte per mostrare allenamenti o recuperi da ferite/condizioni, col tempo che passa rapido, prima di un’altra scena principale, oppure le Tag Scenes, quelle in cui un paio di PG parlano tra di loro, per creare legami e asset meccanici che usaeranno in seguito, o per “leccarsi le ferite”, uno dei vari modi per recuperare. Inoltre, come alcuni Forged in the Dark hanno fatto in seguito, usa le scene di Flashback per creare retcon, rivelazioni, o altri asset meccanici che vanno a influire sulla narrazione attuale, indispensabili per i tipi di giooo che si basano su piani che il gruppo avrebbe dovuto pensare in anticipo, che da un punto di vista cinematografico sono meravigliosi, ma al tavolo se non vengono gestiti con meccaniche di flashback diventano ingestibili (ovvero giocatori che pensano per ore a cosa potrebbe succedere, e pianificano a vuoto su cose che ancora non hanno effettivamente affrontatato).

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Ci sono anche altri giochi che usano la struttura delle scene come un set di archetipi narrativi per portare avanti la storia. Penso a giochi come Contenders (Joe Prince, 2006), Remember Tomorrow (Gregor Hutton, 2010) e Mars Colony (Tim C. Koppang, 2010).

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Grazie @danieledirubbo della spiegazione, penso proprio che il tuo modo per lady Blackbird sia identico a quello che ho delineato io – me ne accorgo proprio leggendo la tua descrizione dettagliata – probabilmente l’ho sviluppato per osmosi culturale senza accorgermene.

Farò attenzione ad applicarlo più spesso e con più costanza, ora che ci ho riflettuto un po’ sopra.

Per quanto riguarda i giochi che hai citato, con alcuni sono già familiare :slight_smile: CnV ovviamente, e Mars Colony l’abbiamo giocato insieme anni fa.

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Io non sono molto d’accordo su questa affermazione. Mi è capitato spesse volte che le cose cambiano drasticamente se i giocatori pensano “in scena” o “fuori scena”, mantenendo la loro linea di azione più coerente con i loro personaggi se sono “in scena”.
Esempio: subito dopo aver terminato di raccogliere le informazioni su dove si trova il nemico che vogliono affrontare, i PG iniziano a parlare su come è meglio affrontarlo. Tre PG sono degli spaccamontagne che non vedono l’ora di menar le mani; il mago è quello più pianificatore.
“In scena”: i PG discutono, si infervorano, mettono in minoranza il mago e vanno dalla porta principale a prendere a pugni tutti.
“fuori scena”: i giocatori pensano che sia un tantinello pericoloso affrontare tutti a spada tratta e quindi decidono di passare dalla cucina, corrompere qualche guardia ed intrufolarsi il più silenziosamente possibile.

Come si vede: è totalmente cambiato l’approccio alla scena successiva!

Non so cosa intendi con scene di roleplay inutili e dispersive, ma, se sono quello che penso, spesse volte queste in realtà arricchiscono i personaggi ed i loro legami…

Personalmente parlando ho sempre ritenuto più naturale tagliare la scena, quando i giocatori si fermano spontaneamente o se mi accorgo che non si arriva da nessuna parte, ma in generale non c’è mai un taglio brusco come quello detto da ranocchio. A volte succede che mi sbaglio e la tiro troppo per le lunghe, ma il più delle volte funziona meglio così :slight_smile:

Ciao :slight_smile:

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Eh, qui @Red_Dragon stiamo proprio parlando di gusti del gruppo e dei giocatori singoli. A me, le scene di pura interpretazione che non hanno uno scopo diretto annoiano. Ma se a voi piacciono, fantastico, fatele! Ed è chiaro che parlare delle cose in scena o fuori scena provoca risultati diversi :slight_smile:.

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Qui, mi sento affine a RedDragon. Quando vedo che i giocatori stanno interpretando i loro PG, e sono tutti immersi nella narrazione, senza forzature, e stanno pianificando, o semplicemente chiacchierando tra loro, o con qualche mio PNG, magari minore, io lo ritengo fantastico. Se non è il Master che forza la cosa, o se non è un singolo giocatore che la tira lunga appesantendo il tavolo, ma è qualcosa che sta venendo naturale al tavolo, è meraviglioso.
Comunque, è senza dubbio un punto di cui si può parlare al tavolo, in primis per rendere coscienti i giocatori di quante meccaniche e di quanti elementi esistono dietro il semplice giocare di ruolo, in modo che riconoscano cià che stanno facendo al tavolo più razionalmente. Se ne sono tutti consci, può essere che uno di loro dica esplicitamente “ok, io in questa scena ho concluso, ho fatto tutto quello che volevo”, mandando sullo sfondo il suo PG; dopo questa affermazione, gli altri potrebbero decidere di tagliare più corto, o in modo più esplicito chiedere ancora qualche minuto per concludere ciò che stanno facendo.

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Si in effetti sono stato molto vago…
GM: “Raggiungete la locanda della città, vi aspetta una sfacchinata domani, andate a dormire subito?”
Chierico: No, io mi siedo alla locanda e mi bevo un boccale di birra.
Mago: Io gli faccio compagnia, non bevo, ma studio sui miei tomi.
Druido: Io mi faccio un giro attorno alla locanda a studiare la flora locale.
Bardo: Io mi metto seduto su un tavolo e strimpello il mio Ukulele per i presenti.
GM: si avvicina l’oste: “Buonasera, come posso aiutarvi?”
Qui inizia una chiacchieratina con l’oste, a cui magari partecipa solo il chierico, dato che gli altri sono impegnati. Poi vanno a dormire, ma non prima di aver precisato che il chierico prega il proprio dio in camera, il bardo cerca donzelle nelle altre stanze, e gli altri due… […]
GM: “vi svegliate un po’ alla volta, cosa fate?”
E di nuovo, c’è chi prega, chi va per funghi, chi compra equipaggiamento…
GM: Ora siete pronti a partire?
Bardo: no, io vorrei ancora andare a salutare Julia, la nana che stanotte mi ha fatto felice.
Mago: “uh bene già che ci sono…”
Ecc …
Morale, per dei buoni 15/20 minuti non è successo nulla, ma proprio nulla, di avventuroso. I personaggi non hanno interagito tra loro, perchè impegnati a far emergere i propri tratti personali (che qui ho stereotipato, ma clichè più ricercati non avrebbero reso questa scena molto più utile).

Qui non intendevo dire che le scene in cui i PG interpretano il proprio ruolo sono inutile e dispersive, ma che le taglierei quando assumono questa connotazione. E nella mie (personale) quello che ho riportato su è un esempio di scena che se potessi prevedere, taglierei, lasciando giusto un minimo di intervento ai pg, così da non escluderli del tutto (magari lasciandogli lo spazio che un intervento in flashback al risveglio, ma una cosa rapida).

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Capisco. Il problema non è la prima volta che questo capita (può essere divertente ed anche trovare qualche spunto interessante) ma che capita ad ogni piè sospinto. Sì, in questo caso hai ragione che conviene tagliare.
Di solito a me non capito perché apro le scene per portarle verso qualcosa di interessante (PNG che arrivano, problemi che sopraggiungono, indizi che si palesano…) a meno che non l’abbia “chiamata” apposta per permettere ai PG di far qualcosa “per cavoli loro” (quando arrivano in locanda ad esempio).

Ciao :slight_smile:

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17 messaggi sono stati uniti ad un Argomento esistente: Scene che durano troppo a lungo

Necroposting :sunglasses:, la mia abilità speciale.

Ragionavo sul fatto che, dare indicazioni nel manuale, o non darle, probabilmente non incide seriamente sull’esperienza di gioco, visto che sembra che ogni gruppo prosegua col suo ritmo e il suo gusto.
Ovvero, anche se il manuale indicasse un taglio molto cinematografico delle scene, e quelle belle indicazioni tipo…

…se al gruppo piace “tirarla lunga” perché si divertono a farlo, sarebbe comunque brutto che il master si imponesse, mostrando la pagina del manuale che insegna la tecnica di chiusura.

Ben diverso è quando l’inquadramento delle scene è legato ad una meccanica del gioco. Ad esempio il Doom Pool visto la prima volta (credo) in Marvel Heroic RpG, e in seguito in altri Cortex based. Il pool di dadi con cui il master minaccia i giocatori cresce, durante la scena; è una moneta con la quale il master può compiere determinate azioni, incluso dividere il gruppo di eroi, attivare aspetti della scena e facendo scattare eventi; e infine, quando è gonfio a sufficienza, può essere speso per tagliare la scena, potendo modulare anche le scene d’azione interrompendole prima della loro risoluzione, magari narrando un completo cambio di situazione, o di locazione.

Questo tipo di interazione con la scena legata alla meccanica a me gusta molto, come idea di base, e non può essere houserulata con leggerezza, perché romperebbe il gioco. Un buon modo per aiutare i giocatori a giocare il gioco esattamente come il designer ha immaginato.

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